La critica

Annuario internazionale d’arte contemporanea 2021
La Logica della composizione a cura di Vittorio Sgarbi
Bongiorni privilegia l’acrilico che accentua il carattere esplosivo delle sue opere. Colori e forme che travalicano i contorni della tela e fuoriescono dal limite bidimensionale.
Il risultato è affascinante perché travolgente. Il formato 100×100, sempre lo stesso, amplifica i dinamismo della composizione perché capace di individuare nell’immediato l’origine della forza centrifuga e centripeta... Leggi tutto scarica il PDF

La visione di queste opere è un viaggio che allontana dalla realtà per condurre ne luogo dell’emozione, dove ogni cosa si muove senza scopo ne utilità. E’ un dono, una convocazione, come lo è l’amore e la bellezza. La ricercata giustapposizione di materiali, colori e forme, costruisce un gioco di luce ed ombre poderoso e persuasivo, capace di creare quel rapporto empatico tra opera e spettatore, così essenziale per comprendere la necessità dell’arte. Quando si prova ad individuare nelle sue opere la logica della composizione, i perché delle singole scelte, s’incorre in uno sbaglio clamoroso. Ogni segno assume valore in relazione al tutto, nessun segno ha valore in sé, ma la sua presenza è imprescindibile.Come ti vorrei distruggere, Voglia di libertà, Contro il muro…sono alcuni titoli delle sue opere. La ricerca mantica e lessicale si connota per il suo carattere dinamico-conflittuale, lo stesso che avvertiamo nelle single opere. Bongiorni racconta la vita nel suo aspetto sostanziale, il dialogo (dia-logos), confronto incontro, tra due o più posizioni contrapposte, che può sfociare nel conflitto, l’atto costitutivo della tragedia, il mestiere del vivere, direbbe Pavese.

 

Catalogo 2008
Giorgio Bongiorni. Densa pittura
di Luigi Cavadini
È densa la pittura di Giorgio Bongiorni, carica di suggestioni, satura di colori. Da sempre, potremmo dire. Percorrendo a ritroso la sua storia di artista si può rilevare come nel tempo la maturazione della tecnica si sia accompagnata ad una crescente consapevolezza di sé e ad una sempre più chiara e concentrata espressione pittorica... Leggi tutto scarica il PDF

Per lui la pittura non è trasposizione del reale né puro racconto di un avvenimento o di una azione. Piuttosto è una sorta di rovesciamento di sé, di messa a nudo del proprio animo. L’intensità di percezione e di assimilazione di ciò che gli è esterno (ma non estraneo) costituisce presupposto imprescindibile di ciò che prenderà forma sulla tela.
La decantazione delle immagini acquisite più o meno consciamente rappresenta un momento fondamentale della sua ricerca, una sorta di filtro interiore che nel tempo seziona e seleziona. Così quando egli si mette in dialogo con la tela bianca, le sollecitazioni che sgorgano da dentro hanno perso la particolarità della visione per assumere l’assolutezza di un messaggio che urge per essere materializzato. Ecco allora le stesure di colori a larghe mani e ad ampi pennelli che definiscono in primo luogo l’atmosfera in cui tutto agisce, un’atmosfera a volte rarefatta a volte corposa, che da subito condiziona il divenire dell’opera. Gli interventi successivi. volti a definire e a caratterizzare, subiscono condizionamenti già impliciti nei primi tocchi e diventano ben presto parte integrante, abbassando o potenziando i toni del prodotto finale. Non conta qui quale sia l’intenzione dell’artista, se essa attenga ad un ambito figurativo o astratto. Forse egli stesso non ne è consapevole fino in fondo.
La tensione interiore ha il sopravvento sulle regole della tradizione e cosi ogni opera parla il linguaggio della sincerità. Che può farsi paesaggio, scorcio di città. dinamismo puro, atmosfera di colore. e altro ancora. L’azione dell’artista ora non conta più. è ormai assorbita dall’immagine prodotta che diventa così trasposizione della visione interiore, che si è nel tempo costituita grazie alla sedimentazione di esperienze e di acquisizioni.
E nell’immagine possiamo riconoscere, ciascuno a suo modo, pensieri fuggevoli e desideri sospesi, luoghi dell’anima e spazi vitali, figure e fantasmi. Fantasmi e figure. Il reale che si astrae e l’astratto che prende corpo.
Su tutto, però, predomina la forza e l’incisività di quei rossi – più rosso sangue che rosso fuoco’ – la cui presenza anche minimale agita I insieme compositivo. Il gesto pittorico, sia nelle stesure verticali/orizzontali. calibrate e organizzate, sia in quelle caotiche frutto di una libertà assolutamente creativa, attribuisce un valore lirico all’insieme.
Le scansioni spaziai, e le frammentazioni della visione generano a volte immagini autonome da tutto e da tutte le possibili interpretazioni. il cui valore si concentra proprio nelle interazioni tra parti in sé anonime. Proprio qui mi pare di rilevare la maggiore perizia dell’artista che riesce, nella sua indagine delle cose e dello spazio, a conquistare la capacità di far musica con elementi dalla sonorità limitata.
Senza dubbio Bongiorni ha saputo guardare alle esperienze dei grandi maestri del secolo scorso, traendo da esse indicazioni produttive per la sua ricerca. L’attenzione rivolta all’opera di Pollock da una parte, ma anche verso quelle di Fontana, Scanavino e Baj, ha contribuito a portare il suo lavoro fuori da una staticità incombente e a dare ad esso un nuovo impulso creativo.
Su questo percorso e sulla sollecitazione di certa pittura materica propria dell’informale – più eloquente potrebbe essere qui, il riferimento, all’espressionismo astratto – hanno preso forma (mi piace usare questo termine vista la valenza tridimensionale dei lavori) le opere a rilievo che l’artista sta sviluppando in questi ultimi anni, operando sia con la logica fin qui applicata alle tele sia con un trattamento preventivo sulla “pelle” dei nuovi supporti in polistirene, che amplifica la possibilità espressiva, coinvolgendo nella resa anche gli effetti che si creano grazie al variare di luci e ombre. Il valore della luce raggiunge una portata senza precedenti. Se in passato essa contribuiva a definire l’atmosfera complessiva dell’opera, accentuando ora la rabbia, ora la malinconia, ora altre sensazioni e sentimenti, qui la luce diventa strumento essenziale per rendere vibrante e vitale una composizione che altrimenti dovrebbe affidarsi solo agli alti e bassi dei colori, del bianco e del nero.

Catalogo 2002
L’intima luce della realtà
Stefania Barile
Un pensiero per vedere …
” … non solo la filosofia, ma anche le arti belle mirano in fondo. a risolvere il problema dell’esistenza”
(A. SCHOPENHAUER. Il mondo come volontà e rappresentazione/
la luce tra ragione e sentimento
Vivere nella realtà non significa soltanto camminare o semplicemente muoversi tra le cose, ma soprattutto capire, soffrire, gioire, godere di tutto ciò che circonda l’individualità quotidiana di ognuno. E se la maggioranza si lascia trascinare dagli eventi che inevitabilmente rischiano di diventare i veri protagonisti della realtà, pochi riescono a prendere coscienza di ciò che accade e comprenderne pienamente le finalità fino a coprire i ruoli di degni registi delle proprie esistenze... Leggi tutto scarica il PDF

Così la vita , come scontata germinazione da innumerevoli coincidenze fortuite, lascia il posto ad un esistere desiderato, voluto, consapevole e talvolta drammaticamente cosciente della realtà dei fatti di cui è l’attore principale. Ed ognuno, di quei pochi. risulta regista-produttore-attore della propria vita seguendo una strada costruita sì con impegno e determinazione. ma scelta dal proprio istinto, lasciandosi guidare dalle proprie sensazioni di uomo, di donna, di individuo dotato di una capacità creativa tale da renderlo microcosmo ideale di un gigantesco e minaccioso macrocosmo materiale.
E Giorgio Bongiorni ne è un indiscutibile esempio.
Con la sua pittura. realizzata a strati di colore consumati dal continuo lavorio di rarefazione cromatica e di definizione tecnica, dimostra di cogliere. in pochi tocchi di colore materico e in una lunga attività di mirata asportazione dalla tela seguendo un progetto p reciso e studiato nei particolari, la vita nelle cose.
Verso la sera – studio
Attraverso lampi di luce l’artista riesce a trasmettere immediatamente il desiderio di scoprire la realtà, denudandola del suo abito formale ed ufficioso per indagarne l’intimità dell’esistenza e la luce. Il chiarore che compare tra le verdi colline del varesotto. tra le onde rumorose di un fiume conosciuto. tra gli alberi spogli dei giardini cittadini o sulla facciata di una vecchia abitazione a ringhiera e che il buon osservatore non può non notare, nasce dalle cose stesse.
Non si tratta di un banale espediente per creare una maggiore profondità visiva e nemmeno un voluto riflesso di un raggio solare oppure di un’esigenza cromatica dettata dalla composizione del quadro o di una maniera per sottolineare lo stile pittorico. Quel bagliore, tanto apparentemente istintivo quanto effettivamente studiato nei bozzetti, è la luce delle cose stesse, capace di aprire la realtà ad un dialogo ininterrotto con chi le vive accanto. intorno, dentro. E ancora, la luce che si sprigiona dalle cose del reale viene colta quale fonte cli un’ingovernabile energia misteriosa attraverso sì la capacità razionale di elaborare immagini un tempo memorizzate e poi espresse sotto forma di flash visionari. ma soprattutto attraverso la passione che la vita stessa scatena in chi avverte la propria esistenza come qualcosa di unico ed irripetibile.
Un pensiero per creare…
” in ogni spinto che arrivi al punto di abbandonarsi alla contemplazione puramente oggettiva del mondo si è risvegliata, anche se nascosta ed inconscia. un· aspirazione ad afferrare la vera essenza delle cose, della vita e dell’esistenza.”(A. SCHOPENHAUER, li mondo come volontà e rappresentazione)
la luce tra nebbia e realtà
In ogni suo lavoro Giorgio Bongiorni cerca propriamente di mostrare le cose così come sono nella realtà. in quella realtà dove non possono essere afferrare immediatamente da chiunque, perché immerse nella nebbia da circostanze accidentali, oggettive e soggettive. E questa nebbia. che rende la visione sfumata, soffusa, incomprensibile e dunque sfuggente. l’arte la fa sparire per creare, in un’atmosfera chiara. limpida. intuibile e quindi dialogante, una realtà in termini più puri.
La pittura di Bongiorni parla al suo osservatore proprio con un linguaggio semplice ed universale allo stesso tempo, espresso dal colore. dalla tecnica e dallo stile ormai inconfondibile del suo autore. Dinanzi ai suoi quadri lo sguardo viene guidato sulla strada giusta della fantasia da immagini né totalmente razionali, né completamente offerte dai sensi. Ed il visitatore viene rapito poco alla volta dal colore. dal dinamismo della composizione. dall’energia che emana attraverso la sua luce, così intima da sembrare talvolta misteriosa. L’arte di Bongiorni, sta proprio nella capacità di creare l’attesa che quella realtà tanto audacemente svelata parli. alla mente ed al cuore di chi la osserva e la comprende, commuovendosi, allontanando per sempre quella nota malinconica e nostalgica arte per tanto tempo è emersa dalle sue tele.
La realtà delle cose ha sostituito la nebbia del ricordo. rendendo così alla luce della realtà tutta la sua importanza esistenziale. Non è più un’immagine che riaffiora alla mente mossa dal turbinio nostalgico di un anima ansiosa di trovare la sua strada, ma la pittura di Bongiorni lì ha raggiunto il punto in cui la scena proposta conserva i suoi tratti reali. che vengono continuamente afferrati dal colore per essere ulteriormente elaborati e materializzati. Qui l’aspetto materico risulta l’elemento principale su cui si ferma l’attenzione dell’artista e dunque dell’osservatore. in quanto il colore denso e pastoso. disposto a strati successivamente strappati a colpi di spatola più o meno violenti. giunge infine a trasformarsi inevitabilmente in materia pittorica da vedere, toccare, sentire. Solo la luce rimane misteriosamente in una condizione rarefatta. L’energia liberata è destinata alla pura visione delle cose che riesce a mostrare. Risulta rarefatta, impalpabile, intima.
Un pensiero per scoprire…
.. __ di ironie ad un quadro bisogna avere lo stesso atteggiamento che si ha al cospetto di un principe: aspettare senza sapere se ci parlerà e cosa ci dirà” (A. SCHOPENHAUER / mondo come volontà e rappresentazione)
l‘intima luce della realtà
Dialogo con una realtà diventata per magico incantesimo di un anima creatrice che ne ha svelato l’intimità luminosa pittura.
Lasciarsi guidare tra gli strati di colore fino alla radice della visione. in un contorno deciso magari evidenziato dalla forza cromatica di un rosso scarlatto.
Percepire l’audace sensazione di svelamento che si avverte soltanto quando si ha la coscienza di aver trovato l’origine, la causa, la fonte delle cose reali.
Sentire il profumo dell’intimità di una vita che ormai inerme si abbandona allo sguardo attento dell’artista prima e dell’osservatore poi.
E la pittura di Giorgio Bongiorni, nella sua raggiunta maturità espressiva. riesce a trasmettere il fascino della scoperta del quotidiano.
Si tratta di una pittura fatta di passione profonda per una realtà tanto scontata quanto profondamente ignota. comunque intimamente presente nella vita dell’artista.
E’ il desiderio di vivere quell’atmosfera che ogni giorno viene a definirsi intorno alle cose a guidare l’artista verso la ricerca continua, indefessa, eterna.
Giorgio Bongiorni cerca per trovare e trova per cercare nuovamente quella luce che nascosta dentro e dietro le cose offre la possibilità di credere nella vita e di risolvere dunque anche soltanto in un’immagine fugace. provvisoria ed esemplificativa. come le mani figurative differentemente dalla filosofia sanno fare. la delicata questione dell’esistenza.
Maggio 2002

 

 


 

 

Catalogo 1998
Malinconia, Possente e Visionaria
Fabrizia Buzio Negri
La Melencolia” del Dürer pensierosa, le grandi ali semidistese. L’attimo della sospensione. La folgorazione che sopravviene quando attorno tutto chiama ad altro. Lontano il sole, mentre s’avvicina la tenebra.
Giorgio Bongiorni ha scelto di guardare il mondo da questa posizione di privilegio estraneo a tante imprevedibili teorie estetiche è concettuali,.. Leggi tutto scarica il PDF

secondo le quali gli artisti diventano interessanti quando si muovono su percorsi della contemporaneità o dichiaratamente ipertecnologici o al contrario “trash”.
Per Bongiorni la pittura deve essere interpretata come un immaginifico ponte sospeso tra poesia e letteratura. rifugio nella levità dei silenzi, nella vastità delle emozioni,nel fluire della vita che sfugge. L’attimo è l’unità di misura. diverso dall’impressione. veristica: Conduce all’interno di un universo fatto di frammenti, memorie. apparizioni. sinonimo di labilità, dove il tempo dell’azione non esiste, tramutato nel tempo dell’immaginazione. La mente si perde: si illumina una temporalità in espansione. in cui tutto assume le ritrazioni di un’eco.
Ombre evocate che passano solo una volta e che l’artista fissa per sempre sulla tela.
“Un dì si venne a me Malinconia e disse: “Io voglio un poco stare teco”; e parve a me ch’ella menasse seco Dolore e Ira per sua compagnia.”
Così Dante Alighieri in un famoso sonetto. Nelle ore notturne. nel fulgore del giorno. La Melencolia scorre come un tremito, all’improvviso, nella irripetibile condizione del vivere. Non v’è il romantico ripiegamento della tristezza: è un incanto sospeso tra certezza e incertezza, in una sensazione di mutamento e metamorfosi delle cose visibili. Sopravviene il tempo “magico” che muove i poeti, che trascina i pittori, attimi intensi e straordinariamente brevi. Il respiro della Natura, le visioni del paesaggio, le cose attorno: tutto si traduce nella pittura di Bongiomi entro l’infinito gioco del colore e della materia.
Nell’ultimo decennio l’artista ha raggiunto e tuttora vive in una sorta di stato di grazia: sapiente distribuzione degli spazi cromatici, la grana sottile della materia nel gioco delle trasparenze, le rivelazioni figurali dolci e timbriche insieme, quel fascino intensamente risentito negli itinerari della memoria.
Malinconia, da cui il mistero del fantasticare spicca il volo. È l’enigma della visione, è il rendere visibile quel procedere di riapparizioni nell’istante che traghetta la mente è il cuore verso la dimensione profonda e sconosciuta dell’essere. La zona di sicurezza della razionalità è superata; prende il sopravvento fa vertigine della dimensione immaginaria scaturita dalla realtà il tempo e lo spazio si diluiscono all’interno dell’opera.
I racconti pittorici di Bongiorni non sono affatto tranquillizzanti: insinuano i fantasmi di una imprevedibile memorialità. Si percepisce una sottile inquietudine, come se, dopo quell’attimo, tutto dovesse precipitare nell’abisso.
Malinconia ambivalenza antica. Momento magico e scardinante incertezza. Luogo dello spirito, a cui tenta di approdare l’instabilità del presente. Nel territorio minato della memoria e dell’imponderabilità, il tempo storico a grandi passi si avvicina al presente e tenta di sconfiggere la paura. E la Malinconia diviene strumento di visionarietà.
I quadri di Giorgio Bongiorni sono interrogazioni aperte verso le immagini che sì svolgono all’interno di un’emozione, in una scelta estetica tra realtà e irrealtà, punto intermedio, estremamente mobile, a rivelare l’invisibile nel mondo visibile. Quell’esordio del ‘91 in “Natura Morta con case”, dal primo piano soggettivamente individuato, si porta verso gli aspetti ambiguamente figurali delle costruzioni sullo sfondo, in una concentrazione immaginativa che una forza latente accorpa poeticamente. Il modo di comporre la sintesi figurale, in questa opera così come in altri lavori, è assolutamente libero, in una visione di realtà sovrapposte dove non esiste ordinamento, né spaziale, né temporale, bensì ogni elemento è sottoposto alla temperie delle suggestioni. Esiste una contaminazione di generi: la “natura morta” si colloca “plein air” sovrapponendosi al paesaggio. La distanza ravvicinata su un fondale liricamente evocativo chiama una surrealtà proiettata nell’interiore. Il mistero delle cose rivela la presenza della “divina” malinconia. I volumi prendono risalto dagli accostamenti dei colori che suggeriscono la tridimensionalità; le sensazioni prospettiche idealmente conducono oltre, verso altre dimensioni intuibili ed estensibili. II soggetto vero del quadro, al primo impatto visivo, è proprio il colore supportato dalla matericità dell’opera che addensa o sgrana una tecnica mista capace di sensibili moti di superficie.
È il caso de “Lo studio dell’artista”, 1993, folgorato da un chiarore che esplicitamente travolge e annulla una parte della tela. È un’ascesa di variazioni aggredite in alternanza da cromatismi rossastri e da segni cupi nell’individuazione degli elementi reali.
Rare le figure umane presenti nelle composizioni di Bongiorni; sono quasi sempre ombre che fuoriescono dalla saturazione cromatica, non previste. in un libero associarsi di pensieri e poesia, come nella recentissima tela “Nella luce del sole” del 1998. Altrimenti la tematica pittorica risulta autosufficiente, in quanto le motivazioni esistenziali si collocano come presenza nell’assenza, nel mutare dei toni di atmosfere che producono un aperto trascorrere di accenti Soggettivi e oggettivi.
Quando discende la sera “La Luce del tramonto nel vicolo” 1994, scardina qualsivoglia equilibrio raggiunto e rende più ardua la ricerca illusoria di una realtà a cui aggrapparsi. È Malinconia. È lo spleen poetico. L’artista si volge verso un azzeramento delle connotazioni mimetiche; ci troviamo di fronte a spazi articolati nel colore, dove ii gesto prende spesso il sopravvento, come in “Malinconia di settembre” 1994, ché si diparte da forme vegetali in primo piano per astrarsi n una temperie di forti ripercussioni cromatiche, nel dominio dei toni aranciati spenti e di vibrazioni del nero.
Ancora, “Lo studio di Via Ristori”, 1994 appare dietro un sottile lavorio della materia, dove tempo e luogo perdono irrimediabilmente di rappresentabilità nel colore, filtrati da un moncone di albero che verticalizza la composizione. Per “sintesi di paesaggio n°1” 1995, sono ancora le gamme sature dei cromatismi a nutrire la fantasia, lungo la quale corre la tensione visionaria di rimandi reali che si annullano negli ispessimenti materici e nelle carature coloristiche differenti, dalle lame calde di luce all’ossessiva presenza timbrica del nero.
Sempre entro il nero affonda la “Luce del tramonto” 1996, dove ii bianco calce del muro acquisisce le metamorfosi dei toni arrossati, fino a spegnersi su una finestra e un balcone intensamente evocati. Gli sbalzi luminosi Inghiottono ambigue urgenze che si fanno visionarie, trascinando nei territorio del buio E l’aggressione “Notturno rosso” 1997, agita la superficie pittorica, luogo di esperienze vissute nella esaltazione del colore puro. È la stessa accensione di colore, nella mobilità della materia, che organizza lo spazio in “Parete in rosso” 1997, in forme ricostruite attraverso stratificazioni inquietanti, cupe sensazioni, forze misteriose che sconvolgono la scena, smarrimenti dell’immaginazione più che luoghi di frequentazione della realtà.
In “Parete in rosso”, 1997, opera dello stesso anno, le possibilità fantastiche del paesaggio fluttuano nell’informalità degli assestamenti della materia e del colore, tra esterno e pulsazione interiore, dove qualsiasi elemento compositivo si annulla.
Il genere “Natura Morta” ricompare puntualmente nel tempo e si carica ogni volta di tenerezza e di angoscia, in quel disfacimento di luce e colore in cui affonda la materia.
Dalla “Natura Morta” del 1995 alla “Natura Morta con interno”, 1996, dalla coeva “Natura Moria con paesaggio” fino a “Composizione” del 19097, le suggestioni si moltiplicano. Sono pagine di poesia naturale che la progressiva disgregazione figurale mai mette in crisi di comprensibilità. L’elemento referente dei tavolo di appoggio si pone in una continua variazione dialettica con quanto circonda, in quella luce talora fluttuante, talora più fortemente ispirata all’urgenza di una improvvisa risonanza interiore. Gli incastri entrano nella mente in un gioco balenante, che sfida la vertigine di un interno-esterno stregato come da fantasmi.
Nei dipinti più recenti non si ricrea più neppure la suggestione del luogo entro spazi intuiti nell’immediatezza ansiosa della decifrazione. Le dense stratificazioni della materia, nelle diverse gradazioni dei pigmenti colorati, rivelano esse stesse un divenire luogo naturale e luogo della mente, nel travaglio emotivo e sensibilissimo, imprevedibile nell’illuminazione improvvisa come nel coinvolgimento tormentato dei toni imbruniti
La tela diviene un campo aperto al brivido della “Melencolia”, poderose e oscuro sentimento, nell’alta temperatura prodotta da travolgenti sensazioni visive. L’intuizione orizzontalmente percepita di un paesaggio lascia slittare la visionarietà verso un territorio carico di umori, contaminazioni di realtà e primordialità, a specchio di un trascinante sentire, dove l’energia segreta derivata dalla “Grande spaccature di luce”, 1998, s’impossessa di ogni riferimento alle soglie dell’oscurità, tessendo nell’ombra una storia infinità, trasognata, drammatica, verso qualcosa di insondabile. Come l’anima.

 

Catalogo 1989
Relazione critica Prof. Silvio Zanella
direttore Museo d’Arte Moderna di Gallarate

Seguo dagli anni settanta l’attività pittorica di Giorgio Bongiorni; nel ’79 gli presentai
una mostra i cui dipinti potevano, e possono, essere considerati esorcismo liberatorio dalla sofferenza spirituale. Sono la confessione di un artista che non vuol subire, ed anzi denuncia, la condizione di uomo-macchina... Leggi tutto scarica il PDF

I titoli di quelle opere sono «capitolazione di un ideale», «separazione del male», «ribellione al condizionamento», tanto eloquenti da vanificare ogni commento. Sono opere cromaticamente tese sino allo spasimo, che presentano forme irte di punte e di spigoli, quali immagini di struttura contaminate tra macchina e figura umana in fase di dinamica e tragica disintegrazione.
Dopo oltre un triennio lo spirito di Bongiorni si placa ed egli si indirizza su altre vie rinnovando forme e contenuti. Il suo colore diventa tonale, si stempera in accordi disc reti e sussurrati ma non privi di identità e di robustezza pittorica, le forme si sciolgono, si ammorbidiscono e si arricchiscono, la rivolta e la rabbia di un tempo lasciano il posto al sogno a volte persino venato da malinconia.
Con la sparizione d ella macchina sulla tela si presenta l’uomo con la propria integrità
ed il proprio ambiente, con il paesaggio, l ‘architettura, i motivi decorativi che lo caratterizzano distinguendolo. La composizione di questi frammenti viene presentata attraverso la sovrapposizione e la dissolvenza: ricordi di vita, appunti di viaggio o di diario, particolari cavati dalla memoria, proposte della fantasia. Da queste immaginazioni nascono racconti fantastici e surreali.
Per quasi tutto il decennio ottanta Bongiorni percorre e sviluppa questa posizione aperta, non perentoria, possibilista di ulteriori sviluppi che non tardano a venire verso la fine del decennio.
La sua tecnica pittorica si affina, diventa ricercata e complessa; alle stesure larghe si
alternano grumi di vibrazioni e nodi di vitalità coloristica caratterizzata da un costante controllo ed equilibrio del timbro tonale e da un’attenta e perfetta esecuzione che evita improvvisazioni e casualità.
I suoi dipinti diventano sempre più luminosi, di una luce non descrittiva che nasce dall’ interno dell’opera stessa, dalle qualità della sua pittura. Resta coerentemente sempre presente nelle opere di Bongiorni la creazione fantastica, il rifiuto della realtà definita e definibile, la tendenza al mistero.
Ora le sue figurazioni visionarie vengono spezzettate e frammentate in più parti da stesure di spazi astratteggianti che accentuano lo stato di inquietudine e disagio del riguardante:
ancora una volta Bongiorni ci confessa che crede nella pittura, nella fantasia e
nella spiritualità dell’uomo, non nella immutabilità solo apparente del reale.
Le ultime sue opere, del ’90, presentano misteriose forme che nascono d ai suoi sogni e dalle sue inquietudini, ma non sono terribili, anzi hanno una dolcezza ed una grazia spontanea e naturale che mi fa’ deporre sull’autenticità di queste creazioni e credere che l’autore abbia raggiunto la non comune sapienza di saper leggere in se stesso.
Silvio Zanella

 

Catalogo 1979
Relazione critica Prof. Silvio Zanella
direttore Museo d’Arte Moderna di Gallarate

Chi ha avuto I’ occasione di vedere gli anti-realistici paesaggi in bleu di Giorgio Bongiorni dipinti negli anni settanta ed ora si accosta ai recenti quadri esposti in questa mostra di Gallarate, è legittimamente autorizzato a trasalire riscontrando, nelle nuove visionarie immagini, posizioni di forma e di contenuto inattese... Leggi tutto scarica il PDF

Le attuali opere di Bongiorni si incentrano sulla dinamica trasformazione dell’uomo in complessa e dissolvente costruzione meccanica. La subitanea impressione che se ne ricava è quella di metamorfosi dell’uomo in robot, in guerriero apocalittico: angosciante materializzazione della crudele aggressività che ogni giorno si manifesta ed esplode sulla faccia del nostro pianeta. Materializzazione della perdita di umanità, della gioia e dell’amore: con il mutare delle forme esteriori rivela le mutate condizioni dello spirito, il degrado.
Forme geometriche ferrigne, metalliche, crudelmente strutturate; volumi che si snodano, si moltiplicano e si disperdono in atmosfere dense e grevi, riverberate da rossi incendiari, e sanguigni, da verdi fumosi di gas pestiferi. Tali visioni nascono da un subcosciente angosciato e terrorizzato che si ribella e denuncia: espressione di un esorcismo liberatorio.
Queste opere mostrano la maturità del pittore, il suo amore per la forma plastica, per la materia pittorica e per il mestiere.
ll dinamismo delle forme non è nuovo in pittura, I’ ha insegnato il futurismo e la disintegrazione dell’uomo appartiene al cubismo: lo sappiamo tutti. Ma se Bongiorni da questi movimenti storici ha derivato alcuni mezzi formali per rinnovarsi, per muoversi ed iniziare il suo viaggio nel mondo espressivo dell’arte, il suo approdo è certamente avvenuto su un’altra spiaggia, il nucleo centrale del suo manifestarsi, la motivazione del suo operare è, nonostante tutto e suo malgrado, la drammatica condizione dell’uomo che ha perso la sua identità, che ha perso quell’immagine costruita nei secoli, che ci era familiare, che ci confortava e rassicurava, che attraeva e sollecitava l’amore, l’unione e la comunità tra gli uomini. E’ dunque un discorso sociale quello di Bongiorni, efficace, incisivo e non letterario, non propagandistico, non ideologico, fatto con pura forza di mezzi pittorici e di immagini.

 

 


 

 

Silvio Zanella
Alle stesure larghe si alternano grumi di vibrazioni e nodi di vitalità coloristica
caratterizzata da un costante controllo ed equilibrio del timbro tonale e da un’attenta e perfetta esecuzione che evita improvvisazioni e casualità. I suoi dipinti diventano sempre più luminosi, di una luce non descrittiva che nasce dall’interno dell’opera stessa, dalle qualità della sua pittura. Le sue figurazioni visionarie vengono spezzettate e frammentate
in più parti da stesure di spazi astratteggianti che accentuano lo stato di inquietudine e disagio del riguardante. scarica il PDF
Silvio Zanella

 

Deborah Ferrari
Bongiorni tesse le sue tele come una dea e a volte Aracne, sfidando al fine se stesso.
L’ordito e la trama di memoria-materia danno proprio questa profondità che dalla superficie del visivo induce, tramite la materia dell’opera ad andare oltre, ad entrare;
a volte scaraventandoti, a volte accompagnandoti per mano.
L’opera di Bongiorni – dalla grafica minuta e preziosa come gioielli, alle tele di buone dimensioni che urlano spazio architettonico – è un concerto di memoria-sangue/ sensazione-parola/ storia favola/ lavoro-poesia/ amore-disperazione, in cui ispirazione fantastica-realtà visiva-abilità
tecnica sono accordate all’unisono nel tentativo di riprodurre il “La” primordiale. Scarica il PDF